lunedì 9 gennaio 2012

Suicidio assistito, dubbi e certezze /1.

Avendo avuto un mesetto abbondante di "black-out" mentale, leggo solo oggi le notizie e reazioni sulla morte di Lucio Magri.

Il tema è confuso, nella mia testa, lo confesso.
La mia personale adesione e  il mio sostegno alla libertà di suicidio assistito e di eutanasia sono ancora troppo costellati di "ma" e "distinguo" per riuscire a dare una posizione assoluta sulla questione.

La domanda principale, nella mia testa, è: è giusto porre un limite alla libertà di suicidio assistito? Il "caso" Lucio Magri è emblematico in questo senso. Io penso che il suicidio assistito e l'eutanasia non debbano mai essere negati o negabili qualora ci sia un chiaro, informato e consapevole consenso dell'interessato. I chiaroscuri, sempre nella mia testa, iniziano quando questo consenso non è così chiaro, così informato e così consapevole.

Dicevo che il caso Lucio Magri è emblematico perchè la decisione di porre termine alla sua vita è (pare) derivato dalla depressione.
Mi viene da chiedermi: il desiderio di morte era un reale desiderio di morte o il sintomo di una malattia?
Il problema è che non lo so, non lo saprò mai e, probabilmente, è un atto di grande presunzione pretendere che la mia opinione sia in qualche modo significativa. Chi sono io per decidere se la sua decisione era giustificata o meno?

E anche se io fossi pienamente qualificata per valutare uno stato di malattia mentale, potrei io, specialista del settore, impedire la realizzazione del desiderio di un uomo di porre fine alla sua vita?
Ok, voglio morire perchè sono depresso. Si, è un sintomo di una malattia.
Una volta fatto tutto il possibile per curarmi (o per convincermi a curarmi), una volta esaminate con me tutte le eventuali possibilità alternative, una volta esplorate tutte le possibili conseguenze del mio gesto finale, se io non cambio idea, può un medico impedirmi di scegliere la morte?

Un oncologo non può costringermi a fare la chiemioterapia, nemmeno se ho un cancro curabilissimo. Uno psichiatra non può costringere un malato mentale a prendere medicine, ne' a fare psicoterapia.
Può un medico COSTRINGERMI a scegliere la vita?

La risposta logica e ineluttabile a questa domanda è no, non può. Eppure la logica si sgretola se provo ad applicarla, in modo ipotetico, ad una persona cara....

Un persona con una depressione patologica (non parliamo del "sentirsi un po' giù", insomma), è da considerarsi consapevole delle proprie scelte?
Se si... allora deve poter scegliere anche la morte
Se no... cosa si fa? La si costringe a curarsi? Ovviamente no. La si lascia a trascinarsi per una vita che non vuole più vivere? E se accetta di curarsi... che fare se la cura non funziona? Si insiste? Si aspetta di trovarlo spiaccicato dal 20esimo piano di un palazzo? O con le vene tagliate nel bagno di casa?

Confesso che questo è uno dei casi limite che più mettono in difficoltà il mio modo di pensare. Sono per la totale libertà di scelta, ma ho paura dei possibili abusi. Ho, umanamente, paura dei casi in cui la scelta di morire non è una vera scelta, perchè non si conoscono le alternative. Ho paura per quelle persone che, nel vedere quell'unica uscita, stanno ascoltando la loro malattia.

Non mi sentirei, in nessun caso, di negare la scelta di morire a qualcuno. Vorrei solo che ci fosse un maledetto modo per essere sicuri di non fare errori, di non accompagnare verso la morte qualcuno che avrebbe potuto guarire e vivere felicemente ancora a lungo.

E ancora, però... ha importanza? Se una persona decide, in modo consapevole, che non gliene frega niente delle alternative o del possibile futuro luminoso, o se non ci vuole credere, che diritto ho io (o chiunque altro si trovi in quella posizione) di dirgli di no?
Davvero ha un limite il diritto di autodeterminazione? E se non ce l'ha, siamo disposti a sopportare le conseguenze degli errori? Esistono, in questo casi, dei veri errori? O è ipocrita considerare che un diritto all'autodeterminazione illimitato possa comprendere degli errori?
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Fin qui i dubbi. Le certezze, come al solito, nascono dalle reazioni. Prevedibili, trite, ideologiche e insultanti.
Sarebbe bello se, ogni tanto, qualche opinionista avesse il coraggio di stimolare un dibattito ponendo dei dubbi, invece che propagandando le proprie opinioni come certezze assolute.
Lascio ai prossimi post la "dissezione" (temo, a volte, un po' rabbiosa) di alcuni dei commentari lasciati dai nostri illustri pensatori.